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Rispetto della privacy del lavoratore da parte del datore di lavoro nel contenimento dell’emergenza epidemiologica da COVID-19

Cosa dice il Commento al “Protocollo condiviso di regolazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro” firmato il 14.03.2020

Il persistente stato di emergenza causato dalla diffusione del COVID-19, noto anche come coronavirus, in cui attualmente versa il nostro Paese continua a creare incessante panico tra chi cerca costantemente e con ogni mezzo di arginarlo.
Tra questi figurano i datori di lavoro, che, cercando di attenersi ai provvedimenti di emergenza emanati dal Governo negli ultimi giorni, hanno iniziato ad adottare ulteriori misure (c.d. fai da te), non espressamente autorizzate dalla legge, nel tentativo di ridurre e minimizzare i rischi di contagi sul posto di lavoro, come ad esempio la registrazione degli spostamenti del lavoratore e la misurazione della sua temperatura prima di decidere se farlo accedere o meno al posto di lavoro.
Un comportamento che pone rilevanti problematiche, considerato che i dati di cui parliamo sono a tutti gli effetti dati relativi alla salute personale del lavoratore e che, pertanto, devono essere gestiti nel rispetto del Regolamento 2016/679/UE sulla privacy.

Fin dove può spingersi dunque il titolare d’azienda per tutelare la sua attività e la salute dei suoi dipendenti?
È assolutamente indubbio che la responsabilità di tutelare i lavoratori dal rischio biologico risiede, ai sensi della normativa vigente, in capo al datore di lavoro (D. Lgs. 81/2008), ma è necessario mantenere qualsiasi iniziativa nei confini della legittimità, onde evitare di incorrere nel rischio di ledere diritti fondamentali dell’individuo.
Questo si può fare sicuramente contemperando le esigenze di contenimento dell’emergenza epidemiologica con il rispetto del diritto alla privacy di ciascun lavoratore, diritto quest’ultimo, che può essere legittimamente limitato solo se le restrizioni corrispondono ai principi di necessità, proporzionalità e legalità.
Per questa ragione, ferme restando le tutele previste per i dipendenti dalle norme di legge, dallo Statuto dei Lavoratori e dalla normativa in materia di privacy, il Governo, unitamente alle parti sociali, ha approvato in data 14.03.2020 il “Protocollo condiviso di regolazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro” firmato il 14.03.2020.

Del Protocollo di seguito allegato – di cui mi sento di consigliare un’attenta lettura anche se DOVRA’ ESSERE CONSEGNATO AI DIPENDENTI O AFFISSO IN LUOGHI PIU’ FREQUENTATI IN AZIENDA (come la bacheca) – occorre sottolineare:

  • COME LA SALUTE DEL DIPENDENTE SIA PRIMARIA RISPETTO ALLA ATTIVITA’ PRODUTTIVA AZIENDALE: “La prosecuzione delle attività produttive può infatti avvenire solo in presenza di condizioni che assicurino alle persone che lavorano adeguati livelli di protezione”.
    Ove non fosse possibile garantire la protezione nelle forme di seguito indicate, l’azienda potrà fare ricorso “agli ammortizzatori sociali, con la conseguente riduzione o sospensione dell’attività lavorativa, al fine di permettere alle imprese di tutti i settori di applicare tali misure e la conseguente messa in sicurezza del luogo di lavoro” e all’incentivazione del lavoro agile (così detto smart working);
  • RUOLO FONDAMENTALE DEL SINDACATO nella necessità di adottare rapidamente un Protocollo di regolamentazione per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus.
    Il sindacato potrà/dovrà, quindi, essere contatto dai lavoratori su questo tema.
    Questo, a detta del Protocollo, comporterà il favorire ”il confronto preventivo con le rappresentanze sindacali presenti nei luoghi di lavoro, e per le piccole imprese le rappresentanze territoriali come previsto dagli accordi interconfederali, affinché ogni misura adottata possa essere condivisa e resa più efficace dal contributo di esperienza delle persone che lavorano, in particolare degli RLS e degli RLST, tenendo conto della specificità di ogni singola realtà produttiva e delle situazioni territoriali”.
  • MODALITA’ DI INGRESSO IN AZIENDA: “Il personale, prima dell’accesso al luogo di lavoro potrà essere sottoposto al controllo della temperatura corporea”.
    Attenzione a quanto scritto nel protocollo rispetto al trattamento del dato rilevato. Dovrà essere:
    A tal fine si suggerisce di: 1) rilevare a temperatura e non registrare il dato acquisto. È possibile identificare l’interessato e registrare il superamento della soglia di temperatura solo qualora sia necessario a documentare le ragioni che hanno impedito l’accesso ai locali aziendali; 2) fornire l’informativa sul trattamento dei dati personali. Si ricorda che l’informativa può omettere le informazioni di cui l’interessato è già in possesso e può essere fornita anche oralmente. Quanto ai contenuti dell’informativa, con riferimento alla finalità del trattamento potrà essere indicata la prevenzione dal contagio da COVID-19 e con riferimento alla base giuridica può essere indicata l’implementazione dei protocolli di sicurezza anti-contagio ai sensi dell’art. art. 1, n. 7, lett. d) del DPCM 11 marzo 2020 e con riferimento alla durata dell’eventuale conservazione dei dati si può far riferimento al termine dello stato d’emergenza; 3) definire le misure di sicurezza e organizzative adeguate a proteggere i dati. In particolare, sotto il profilo organizzativo, occorre individuare i soggetti preposti al trattamento e fornire loro le istruzioni necessarie. A tal fine, si ricorda che i dati possono essere trattati esclusivamente per finalità di prevenzione dal contagio da COVID-19 e non devono essere diffusi o comunicati a terzi al di fuori delle specifiche previsioni normative (es. in caso di richiesta da parte dell’Autorità sanitaria per la ricostruzione della filiera degli eventuali “contatti stretti di un lavoratore risultato positivo al COVID-19); 4) in caso di isolamento momentaneo dovuto al superamento della soglia di temperatura, assicurare modalità tali da garantire la riservatezza e la dignità del lavoratore. Tali garanzie devono essere assicurate anche nel caso in cui il lavoratore comunichi all’ufficio responsabile del personale di aver avuto, al di fuori del contesto aziendale, contatti con soggetti risultati positivi al COVID-19 e nel caso di allontanamento del lavoratore che durante l’attività lavorativa sviluppi febbre e sintomi di infezione respiratoria e dei suoi colleghi”.
  • PULIZIA E SANIFICAZIONE IN AZIENDA: “L’azienda assicura la pulizia giornaliera e la sanificazione periodica dei locali, degli ambienti, delle postazioni di lavoro e delle aree comuni e di svago. Occorre garantire la pulizia a fine turno e la sanificazione periodica di tastiere, schermi touch, mouse con adeguati detergenti, sia negli uffici, sia nei reparti produttivi”.
  • DISPOSITIVI DI PROTEZIONE INDIVIDUALE: devono essere consegnate mascherine, guanti protettivi e deve essere assicurata, ove possibile, la distanza di sicurezza per evitare il contagio.
    A tal proposito si evidenzia il recentissimo decreto emesso in data 01.04.2020 dal Tribunale di Firenze che ha accolto il ricorso cautelare ante causam presentato dal ricorrente, il quale, in qualità di addetto al servizio di consegna dei pasti a domicilio (rider), denunciava la mancata distribuzione da parte del datore di lavoro dei dispositivi di protezione individuale, quali guanti, mascherina, gel igienizzanti e prodotti di pulizia dello zaino, nonostante l’emergenza epidemiologica in corso e l’elevato rischio di contagio.
    Il giudice designato, in primo luogo, accertava la riconducibilità del rapporto di lavoro de quo a quelli disciplinati dall’art. 2 del D. Lgs. 81/2015. L’articolo in parola prevede l’applicazione della disciplina del lavoro subordinato anche ai rapporti di collaborazione purchè consistano in prestazioni di lavoro prevalentemente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione siano organizzate dal committente. Inoltre, l’articolo 2 del D. Lgs. 81/2015 prevede l’applicazione delle disposizioni ivi contenute anche alle prestazioni organizzate mediante piattaforme digitali (tra cui quella dei rider).
    Quindi, accertata l’applicazione anche ai rider (lavoratori autonomi) della disciplina del rapporto subordinato, il giudice stabiliva l’applicazione delle norme contenute nel Testo Unico in materia di salute e sicurezza dei lavoratori, e, precisamente, dell’art. 71 del D. Lgs. 81/2008, il quale prevede l’obbligo per il datore di lavoro di fornire al lavoratore ogni dispositivo necessario per la protezione della sua salute durante lo svolgimento dell’attività lavorativa.
    Infine, il giudice procedeva a verificare la sussistenza del fumus bonis iuris e del periculum in mora ovvero la sussistenza di un pericolo imminente ed irreparabile in quanto la continuazione dello svolgimento dell’attività lavorativa senza i predetti dispositivi individuali di protezione avrebbe esposto il ricorrente, durante il tempo occorrente ad una pronuncia di merito, a pregiudizi anche irreparabili al diritto alla salute.
    Pertanto, sussistendo tutti gli elementi di cui sopra, il giudice ordinava all’azienda datrice di lavoro la consegna dei dispositivi di protezione individuale al ricorrente.
    Tornando al protocollo del 14.03.2020, esso prevede, inoltre, ferma la possibilità di sospendere l’attività produttiva qualora non si riescano a garantire le misure di sicurezza, che: “Qualora il lavoro imponga di lavorare a distanza interpersonale minore di un metro e non siano possibili altre soluzioni organizzative è comunque necessario l’uso delle mascherine, e altri dispositivi di protezione (guanti, occhiali, tute, cuffie, camici, ecc…) conformi alle disposizioni delle autorità scientifiche e sanitarie”.
  • GESTIONE DI UNA PERSONA SINTOMATICA IN AZIENDA: il lavoratore dovrà fare denuncia immediata all’ufficio del personale che lo dovrà assistere secondo le regole previste dall’Autorità sanitarie, con la possibilità da parte dell’azienda di chiedere alle persone in stretto contatto con la persona positiva al virus di lasciare lo stabilimento.Come si avrà modo di vedere leggendo il provvedimento in commento, nonostante le regole adottare nel Protocollo siano più invasive della privacy del dipendete, bisogna sempre tenere a mente che la dignità del lavoratore e il suo diritto alla riservatezza devono sempre essere garanti. Parimenti garantita, come emerge dal provvedimento, deve essere la tutela alla salute, che prevale sull’interesse al prosieguo dell’attività lavorativa.
    L’argomento verrà ulteriormente approfondito in relazione all’evoluzione normativa e giurisprudenziale oltre che all’interesse riscontrato.

Avv. Marco Gastaldo
gastaldo@studiolegalelab.it.

 

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